Il nuovo assetto del potere feudale consentì l’emergere di nuove famiglie legate all’Arcivescovo di Salerno, le quali erano parte integrante del nuovo tessuto sociale castrense. Una di queste erano i coniugi Giffoni e Benenata i quali negli anni trenta del XIII secolo ricevono dal nuovo signore del feudo, ad laborandum una terra con vigna, olivi, vacuo e altri alberi fruttiferi, con casa dentro, in parte diruta, e palmento, sita e posta nel casale di S. Martino. Alla morte di Gifoni, la vedova, nell’ottobre del 1238 (5), si reca ad Olevano, dove, alla presenza dell’Arcivescovo Cesario, riceve dall’abate Luca Saponario, procuratore della Chiesa di Salerno, la terra con casa dentro, posseduta in precedenza, con gli stessi oneri ed obblighi di conduzione presenti nel primo contratto . A garanzia di Benenata compare Matteo de Basile de Castro Montecorvino, il quale si impegna a far adempiere tutto quello contenuto nella stipula. La nostra Benenata, pur avendo diversi obblighi, fra cui la consegna annuale di parte del vino e dei frutti ricavati dal fondo, é una donna libera, in grado di sottoscrivere qualsiasi atto necessario alla sua famiglia e, sopra tutto, ha la possibilità di poter vivere nella sua casa di S. Marco.
S. Marco de Castro
S. Marco de Castro
Fra i due valloni di S. Marco é posta una collinetta che per le sue caratteristiche morfologiche ben si adatta alla costruzione di una piccola rocca normanna.
Sulla sua sommità, nella prima fase del periodo normanno venne costruito un piccolo borgo fortificato, costituito dalla casa del milites, dalla chiesa di S. Marco e da depositi agricoli. Tra il piccolo borgo e la sottostante via pubblica vi era una via vicinale lungo la quale erano poste alcune case in legno dei contadini dipendenti.
Molti storici hanno posizionato erroneamente la chiesa presso l’attuale convento della Misericordia. Essa invece era sita all’interno di un oliveto appartenente nel 1729 alla chiesa di S. Pietro: <<Item un oliveto grande di piedi di olivi n. 248 e piantoni n. 5, posto da sopra Nuvola, confinante da settentrione col vallone che cala da Castello per dietro la chiesa di San Marco, da oriente il sudetto oliveto del Capitolo e i beni dotali della Signora Antonia Longobardi, ove tira un lemitone con mortelle, da mezzogiorno con i beni del Sign. Tesoriere Denza e da ponente un vallone sicco che scende da Castello e vi appare un fosso. Avvertemo che circa la chiesa diruta di San Marco, tutto il territorio che vi sta vacuo é del Reverendo Capitolo>>.