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Il culto nelle Grotte – Madonna dell’Eterno, del SS. Salvatore e di Sant’Oronzio.

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Montecorvino Rovella può vantare una tradizione religiosa molto antica risalente addirittura al IX sec. al tempo dell’iconoclastia, quando l’imperatore bizantino Leone III detto l’Isaurico diede ordine alle sue milizie di distruggere tutte le immagini sacre ed esse importate nelle nostre zone dai pastori pugliesi durante la transumanza, furono nascoste. L’epoca dei rinvenimenti determinò l’inizio del culto. In sequenza le Grotte. della Madonna dell’Eterno, del SS. Salvatore e di Sant’Oronzio.

 

 

RICERCA PERSONALE

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IL PRIMICERIO DON ANTONIO DI GIORGIO, SACERDOTE E IMPRENDITORE (1704-1783)

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“Antonio Filippo Di Giorgio, settimo di dodici figli, nasce a Occiano il 4 marzo 1704 da Giovanni Maria e Felicia Franchini. Battezzato il giorno dopo da don Camillo De Aiutolo, parroco di Santa Maria Assunta, è tenuto al Sacro Fonte da Antonio De Angelis del Torello.
Frequentata con impegno la “schola del rev. Don Pietro Vito Jorio, Antonio all’età di otto anni viene avviato al sacerdozio. Ricevuti gli ordini sacri, per la sua cultura e preparazione é insignito negli anni successivi dei titoli di Primicerio, Protonotario Apostolico e Vicario Foraneo.
Intimo e uomo di fiducia di vari Arcivescovi di Salerno, per decoro del suo ruolo “in tempo che visse, andava vestito di rocchetto, mantelletta, calzette cremisi e di altre insigne”.
Uomo fattivo e infaticabile, si adopera costantemente per raggiungere quanto si è prefisso: consolidare la sua posizione economica e sociale per dare lustro al suo Casato.
Nella vita quotidiana, don Antonio è sempre stato in stretto rapporto con il fratello minore Biagio tanto che nel 1742 fa testamento a favore dei figli minorenni. Poi dopo gli screzi per la divisione dei beni del 1756, lascia Biagio e decide di far vita unita con Giovanni Maria Di Giorgio e Rosa Giannattasio, avendone favorito il matrimonio con una corposa donazione di beni.
Dal 1756 al 24 agosto 1773 “fa vita unita con il nipote Giovanni Maria e la sua consorte somministrando a lui (Giovanni Maria) e ai suoi figli tutto il bisognevole”. Poi per motivi vari e per il contenzioso insorto sulla dote assegnata nel 1756, il Primicerio si divide con il Nipote, preferendo vivere con Donato Di Giorgio, altro nipote. Dopo alcuni anni di liti giudiziarie fra don Antonio e Giovanni Maria, “le parti determinano e convengono a una amichevole transazione su i beni e le dote assegnate”.
Pertanto, d’accordo come non mai fanno diverse assegnazioni, permute, rinunce e concessioni varie, creando una nuova sistemazione per tutti, ma lasciando sempre obblighi e diritti che nel tempo favoriranno altri screzi e contrasti. Specialmente nella divisione delle abitazioni dove con tutti i diritti di passaggio, obblighi di apertura o chiusura di porte, costruzione di nuove scale e muro divisorio nel cortile, la minuziosa e particolare suddivisione non lascia dubbi circa la difficile convivenza tra persone già normalmente litigiose.

Da Silvia Paraggio, Storie di uomini e del loro tempo, Montecorvino Rovella luglio 2019.

Campanile della Madonna dell’Eterno.

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Campanile della Madonna dell’Eterno.

Nella tradizione riportata da Francesco Serfilippo si dice che originariamente la cappella dedicata alla Madonna dopo il ritrovamento dell’immagine era in legno e trasformata successivamente in muratura. La prima notizia di un fabbricato presso l’attuale chiesa risale al luglio 1568. Durante il secondo decennio del XVII secolo l’edificio fu ampliato e ristrutturato dai fedeli di S. Eustachio, con il consenso e l’approvazione del Vescovo Serrano e del clero capitolare. La devozione alla Madonna dell’Eterno si è mantenuta viva ed intensa nei secoli successivi, manifestandosi anche attraverso interventi strutturali e di abbellimento alla chiesa originaria. Infatti, nel 1880, i fedeli di S. Eustachio incaricarono i Sig. Pietro Bassi, Santo Campione e Stanislao D’Alessio di presentare una domanda al Capitolo per la costruzione di un campanile “a forma di torre accosto al muro del Santuario della Madonna dell’Eterno , onde collocarvi la nuova campana già fatta”. Il progetto originario prevedeva che l’ingresso al campanile dovesse essere ricavato nello spazio esterno che separava la sacrestia dal campanile stesso, opportunamente coperto e chiuso da un muro. L’entrata, invece, come appare dall’attuale struttura, fu ricavata all’interno della chiesa, probabilmente per mancanza di fondi. Nel 1964 il comitato “Pro Restauri ed Ampliamento del Santuario” si prodigò per rifare il solaio e la tettoia della chiesa, nonché l’innalzamento del campanile, “la rinnovazione del frontespizio e della facciata laterale esterna est della Chiesa”.
Documento
“L’anno 1880, dì 17 giugno riunito il Capitolo nella Sacrestia di S. Pietro per celebrare i funerali della morte di D. Raffaele Pizzuti, il Can. Procuratore D. Nicola Curci ha presentato una petizione à nome dei figliani devoti della Parrocchia di S. Eustachio, firmata dà Signori Pietro Bassi fu Diego, Santo Campione e Stanislao D’Alessio, Capi di una deputazione creata allo oggetto, nella quale domandano volersi occupare e raccogliere, come già hanno dato principio, le offerte dei fedeli, ossia costruire un campanile a forma di torre accosto al muro del Santuario della Madonna dell’Eterno, onde collocarvi la nuova campana già fatta, e costruirlo al lato sinistro esterno, ossia in Cornu Evengelio, formando linea retta col frontespizio della chiesa, giusto il disegno presentato unitamente alla dimanda.
Il Capitolo considerando che il progettato campanile sia non solo di maggiore ornamento alla chiesa, ma necessario ancora per apporvi la nuova campana, che da tempo giace inutilizzata nel mentre loda la pia intenzione, e la mostrata religiosa premura da devoti fedeli, ad unanimità accoglie la dimanda, e e permette la costruzione del campanile nella forma e sito espressato, ed ha aggiunto che l’accessso allo stesso non debba essere fatto ne dall’interno della chiesa ne al da fuori all’aperta campagna, ma sibene da una porta che debba aprirsi nella stanza contigua alla sacristia, mettendo in comunicazione la detta stanza col campanile, mediante lo spazio che vi framezza, quale deve essere chiuso, à condizionato da un muro, e da complita regolare corveture.
il tutto a spese, e cura della deputazione medesima.
In fine il Capitolo per la esatta osservazione di quanto sopra si é detto, ha nominato vigilatori nel suo interesse li Reverendi Canonici Signori D. Nicola Cappuccio e D. Raffaele Nicastro.
La presentata domanda munita del Capitolare permesso, col disegno cifrato dal Cancelliere Archivista é Stato restituito alla Deputazione.
Cossì si é conchiuso.
Paolo Can. Immediata, Nicola Can. Vassallo, Girardo Can. Rispoli, Gennaro Maria Can. Autuori, Nicola Can. Cappuccio, Domenico, Can. Maiorino, Raffaele Can. Nicastro, Felice Can. Bassi,
 
 
 

Archivio Parrocchiale di S. Pietro di Montecorvino Rovella, Libro XVIII delle Conclusioni Capitolari dall’anno 1868.

NUOVO CAMPANILE SAN PIETRO

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Nuovo campanile di S. Pietro

Alla fine del ‘500 Mons. Agellio, intenzionato a dare una nuova forma alla Chiesa di S. Pietro, fece costruire una nuova sacrestia a pianta quadrata sormontata da cupola e con finestra di entrata. Nel 1597, Giovan Battista Sparano, Vicario Vescovile, appaltò l’opera ai mastri cavesi Tullio, Innocenzio e Ippolito Lampiosa e Terenzio Sorrentino, per una cifra di duc. 100.
Completata la sacrestia, il presule pose mano al rifacimento dell’edificio, facendo costruire dodici archi, sei in “cornu evangeli” e sei in “cornu epistole”, nei quali si sarebbe ricavate ex novo dodici cappelle. Nel mese di luglio 1602, a completamento dell’opera, incaricò i Deputati Giuseppe Maiorini e Achille Comunale di appaltare a suo nome ai “magistri Gio Nicola Lambierto e Dattilo Amodeo” i lavori di ristrutturazione totale della tettoia e di costruire le finestre della chiesa. Sempre nel medesimo periodo si incominciò a costruire dalle fondamenta il nuovo campanile, ponendolo vicino alla sacrestia.
Negli anni ’30 del secolo si appaltò al “magistro Francesco De Mita di Cava” il completamento del campanile. L’opera non ar

rivò a buon fine, sia per l’imperizia del costruttore sia per negligenza dei “mastri fabbricieri, responsabili principali della costruzione. Infatti, il breve periodo intercorso, da agosto a novembre 1637, tra innalzamento del secondo e terzo ordine e il posizionamento della campana, fece sì che la struttura non reggesse a una settimana di pioggia continua. Il risultato fu un disastroso crollo di parte di esso e il lesionamento della fabbrica rimasta”.
Per rimediare a questa situazione fu commissionata una perizia tecnica ai “Tabulari della Città di Cava Gio Gaspare Lambierto e Gio Nicola Cafaro, i quali, constatando le colpe reciproche, ordinarono che il costruttore, mastro Francesco De Mita di Cava, doveva rifare l’opera a proprie spese, mentre i committenti dovevano pagare vitto e alloggio alle maestranze”. In realtà il contratto non fu onorato costringendo il nuovo Vescovo, Mons. Bonsi, a ricostruire, nel 1641, la “torre cembolaria” utilizzando anche un lascito del Can. Don Rinando Denza (pari a duc. 100).
 

Estratto da Alfredo D’Arminio – Vito Cardine – Lazzaro Scarpiello, Chiese di Montecorvino e Gauro. Istituzioni religiose e vita sociale nella Diocesi di Acerno, Montecorvino Rovella febbraio 2018.

Campanile duomo Ss pietro e Paolo

Madonna delle Grazie di Occiano

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La Chiesa, di origine medievale, corrisponde alla attuale Madonna delle Grazie ed è documentata già dal XVI secolo. “Nella dote di Lavinia de Ligorio di Pugliano, figlia del Magn. Bartolomei, vi è un castagneto sito ubi dicitur la Cappella dei Lari, confinante con la via pubblica, Giovanni Sparano e Don Camillo D’Aiutolo”.
Nel corso del Seicento venne ricostruita ed ampliata per espressa volontà della popolazione. L’opera di edificazione della chiesa, quindi, iniziò nel luglio 1655, quando si parla “del deputato eletto alla fabbrica edificanda della cappella di Santa Maria delle Grazie e proprio do la cappellania dei Lari”. I deputati eletti erano Donato Jorio e Giovanni Maria D’Aiutolo.
Alla fine di luglio del 1656 con l’insorgere e svilupparsi della peste incominciarono ad esserci donazioni cospicue da parte di persone che si ritennero miracolosamente salvate dalla pestilenza “per intercessione e grazia della Madonna”. Dopo questi avvenimenti luttuosi e tragici per la popolazione di Montecorvino, la chiesa divenne un luogo di pellegrinaggio tanto che fu concessa la “la licenza a tutti i cittadini dell’Atto di Pugliano di accedere processionalmente a detta Cappella, effondendo preghiere ed orazioni ad Laudas Dei e della Madonna”.
Nella visita pastorale del 1701, “Don Camillo Aiutolo, curato della Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta di Occiano asserisce che la chiesa di Santa Maria delle Grazie è stata fondata et eretta sin dall’anno 1655, ed ampliata con elemosine dei fedeli christiani, procacciate con l’assistenza dei cittadini del casale di Occiano, degli Amministratori e Mastri di detta Chiesa, e parte ancora delli cercanti di quella. Tiene la sudetta Chiesa quattro finestre senza invetriate e senza impennata, et dietro detta Chiesa vi è la sagrestia, sopra della quale sta la cella dell’eremita. Nella sudetta Chiesa vi é sempre stato l’eremita, il quale ha procacciato il vitto a se e il dippiù lo ha consegnato agli Amministratori, i quali lo spendono in soccorso di vestimento et altro per il sudetto eremita. Attualmente vi sta per eremita o pure cercante fra Michele Angelo de Nuzzo di Altamura”.
La scultura in legno raffigurante la Vergine delle Grazie fu collocata nella chiesa intorno a sesto decennio del XVII secolo. Il culto della Vergine delle Grazie sostituì, in tal modo , quello antico, e forse di origine pagana, dedicato alla Madonna dei Lari. Presumibilmente il dipinto che ancora si vede a capo altare potrebbe essere quello riferibile al primitivo culto. In quest’opera altamente alterata da pesanti ridipinture, forse settecentesche, si configura, in effetti, un impianto iconografico desueto rispetto a quello della Madonna delle Grazie. In quest’opera la Vergine, assisa in trono, regge sulle ginocchia il Bambino con la testa coronata. Questi, guardando la madre con estrema dolcezza, protende la sua mano sinistra nel delicato gesto di accarezzare l’amato volto.
Estratto da A. D’Arminio – L. Scarpiello – R. Vassallo – C. Vasso, Arcipretura di Montecorvino. Un millennio cristiano, Battipaglia 2006.
 

PORTALE SAN LAZZARO

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PORTALE DI SAN LAZZARO
La chiesa di S. Lazzaro presenta un portale in pietra di stile tardo gotico, con interessanti elementi scolpiti a rilievo, soprattutto foglie di vite e di tralci d’uva, probabile allusione al mistero della transustanziazione. (Conversione della sostanza dell’ostia e del vino in quella del corpo e sangue di Cristo)
Di egregia fattura artigianale, l’opera lascerebbe supporre, per taluni connotati che evidenzia, una sua collocazione cronologica ascrivibile alla seconda metà del XV secolo e ipotizzare una sua diversa, originaria collocazione.
Il portale leggermente sproporzionato rispetto alla facciata su cui è collocato, in effetti, sembra esservi stato posto in epoca successiva. Potrebbe provenire, in ipotesi più credibile, da un convento di francescani dell’area degli Alburni, ovvero da un’area del nord della Lucania, e per le affinità stilistiche che mostra con coevi modelli già rilevati in quelle zone, e per la presenza, ancora visibile, della figura scolpita di un frate francescano, che ancora si intravede, al di sopra del pilastro sinistro, lì dove incomincia l’innesto dell’arco.
Il portale, per le sue caratteristiche stilistiche, rimanderebbe, dunque, ad un’opera tardo gotica, sistemata sulla facciata della chiesa in epoca successiva, probabilmente quando essa cominciò ad assumere una più pregnante importanza per la circostante comunità. Ciò avvenne intorno alla seconda metà del Cinquecento, quando la chiesa di S. Lazzaro cominciò a godere anche di piccoli lasciti testamentari. Probabilmente in quello stesso periodo, la chiesa fu sottoposta ai primi interventi di ampliamento e restauro e, ipoteticamente, in quello stesso lasso di tempo, si decise anche di fornirla di un dignitoso portale d’ingresso: un arco di stile tardo gotico, proveniente da conventi abbandonati, ovvero sottoposti a più moderne ristrutturazioni.
Da schede di Carmine Tavarone.

FESTEGGIAMENTI PATRONALI – Ss. Pietro e Paolo – 2020

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Carissimi
oggi inizia il tempo di avvicinamento e preparazione alla festa patronale dei santi Pietro e Paolo.

ECCO IL PROGRAMMA DEI FESTEGGIAMENTI

Quest’anno le condizioni e le disposizioni delle autorità religiose e civili non ci consentono di vivere questa festa nelle sue manifestazioni esteriori. Ma questo non deve allontanarci, ma piuttosto avvicinarci con maggior fede e devozione all’affidamento ai nostri patroni.

In queste sere nella preghiera consegneremo alcune realtà della nostra comunità parrocchiale all’intercessione dei santi Pietro e Paolo

Don Emmanuel e don Giuseppe

INSIEME A DISTANZA

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